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sabato 6 giugno 2009

L'ultima spiaggia

Un aspirante alla realizzazione spirituale s'addentrò nella giungla. Non era facile aprirsi un varco nell'intricato sottobosco e l'impresa divenne ancor più drammatica quando, udito il ruggire di un leone, egli fu costretto ad arrampicarsi su un albero. La belva, feroce però, che lo intravedeva fra i rami, circuiva la pianta con una furia terribile. Sull'albero c'era un orso che attaccò il malcapitato; per fortuna, essendo un albero banyan, c'erano due liane che calavano dai rami e che consentirono all'aspirante di rimanere sospeso a mezz'aria e sfuggire così sia al leone che all'orso. All'attaccatura delle liane c'erano però due topi, uno bianco e l'altro nero, che rosicchiavano le liane. Ad ogni morso dei roditori, la sua vita era sempre più precaria. Su uno dei rami più alti, c'era un favo pieno di miele. L'aspirante, pur in quella situazione pericolosa, non resistette alla tentazione di raccogliere con la lingua alcune gocce del dolce nettare che cadevano. In quella trappola di disperazione e di terrore, implorò il suo guru: «Maestro, vieni a salvarmi!» Il guru, che si trovava in quei paraggi, udì la sua invocazione e si affrettò a prestargli soccorso. Portò con sé arco e frecce, uccise il leone e l'orso, mise in fuga i topi spaventandoli e salvò il discepolo dalla paura della morte. Poi, portò l'uomo nel proprio ashram e gli insegnò la strada della liberazione.

Questa è la storia di ciascuno di voi. Il mondo è la giungla in cui vagate; il leone è la paura che vi fa salire sull'albero del samsara, sui rami delle attività terrene; l'orso è l'ansia che vi terrorizza e perseguita ad ogni passo compiuto nel samsara. Così, siete costretti a scivolare negli attaccamenti e nelle azioni che creano dei legami per mezzo delle due liane gemelle che vi fanno alternare fra speranza e disperazione. I due topi sono il giorno e la notte, che vi portano via il tempo della vita. Nel frattempo, cercate di gustare qualche piccola porzione di felicità, le dolci ma piccole gocce dell'egoismo e del senso di possesso. Quando vi accorgete che quelle gocce valgono ben poco e per giunta sono irraggiungibili, urlate per il dolore della rinuncia e chiamate il guru. E il guru appare, sia dentro che fuori di voi. E vi salva la vita, liberandovi dalla paura e dall'ansia.

venerdì 5 giugno 2009

Natyan


Natyan pratica e si applica nelle FILOSOFIE ORIENTALI dal 1984. Dice di se stesso nel suo libro intitolato Il Miracolo di Esistere: "Io non sono un Guru Illuminato, sono solo quello che sono e ognuno può vedere in me quello che preferisce. Sono sulla Via della Ricerca Spirituale da tanti anni ma mi sento solo un principiante alle prime armi. Non ho bacchette magiche da offrirvi. Posso solo cercare di fare del mio meglio per esservi di aiuto. Se ci riesco il merito è del Cielo, ed è a Dio che va ogni ringraziamento". Forse vi aspettavate una pagina di presentazione ricca di diplomi, attestati e riconoscimenti, ma Natyan preferisce andare controcorrente.

Sito: http://www.studiogayatri.it/

Lo Scorpione Fedele

Un giorno, un eremita stava facendo il bagno nel Gange, quando vide uno scorpione. «Ecco Dio che si è dato il nome e la forma di uno scorpione», pensò tra sé, preso dall'impulso di salvare dall'acqua la bestiola. E così, lo prese nel palmo della mano, ma, quando lo scorpione lo punse, egli lo lasciò cadere nell'acqua. Scosso dal rimorso, lo tirò fuori di nuovo, e lo scorpione lo punse ancora, ripetutamente, per cinque o sei volte. L'eremita, però, persisteva nella sua missione misericordiosa, finché, alla fine, riuscì a farlo cadere sulla terraferma, in modo che l'aracnide potesse proseguire vivo e contento per la sua strada.

Molta gente, che aveva assistito alla scena, derise l'asceta per la sua com­prensione esageratamente stupida. L'eremita si giustificò dicendo che lo scorpio­ne gli aveva insegnato una lezione e che, perciò, gliene era grato.

«Che lezione?», gli chiesero i presenti.

«Questa: attenersi alla propria natura, in qualunque circostanza!»

La natura dello scorpione è quella di pungere, senza tener conto del chi o del quando. Così la natura dell'uomo è di raggiungere la saggezza. La gioia è l'essenza dell'uomo, l'amore è il fluido del plasma che lo sostiene, la pace è la vi­sione che lo guida e sorregge. Ecco la ragione per cui nelle Upanishad si definisce l'uomo "figlio dell'Immortalità", senza nascita, senza morte.

Racconti e Parabole di Sai Baba - Vol.1
Mother Sai Publications

giovedì 4 giugno 2009

Tiziano Terzani


Tiziano Terzani nacque a Firenze, nel quartiere di Monticelli, mercoledì 14 settembre 1938. Dei suoi genitori (la madre era di origini benestanti, il padre meccanico) disse: "Mio padre era un comunista, ex partigiano, mia madre cattolicissima debbo a loro forse un senso di tolleranza e questa cosa profonda di vedere il bello della vita nella sua diversità e vedere la vera essenza della vita nell'armonia degli opposti". Visse l’infanzia in ristrettezze economiche ma con la dignità dei semplici ma saldi principi morali dei genitori che Tiziano fece propri. L’acuta intelligenza che lo distingueva, la sua predisposizione allo studio, l’incontro fortunato con insegnanti che ne colsero le qualità già nell’istruzione primaria, gli valsero la possibilità del riscatto culturale e sociale dalla povertà dell’ambiente familiare che si convinse a concedergli la possibilità del proseguimento degli studi e a frequentare il liceo classico "Galileo" di Firenze, dove, sedicenne ebbe il primo contatto col mondo, impiegando le vacanze scolastiche come lavapiatti in Svizzera: con lo stipendio ricevuto visitò Parigi, quindi un passaggio in Belgio e in Germania. Brillantemente diplomato, rischiò l’impiego in banca: lo salvò l’ammissione alla borsa di studio presso il prestigioso Collegio medico-giuridico di Pisa (allora facente capo alla Scuola Normale Superiore), attuale Scuola Superiore Sant'Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento (tra i compagni di corso c'era Giuliano Amato), laureandosi brillantemente in giurisprudenza nel 1961.

Nello stesso anno sposò Angela Staude, fiorentina di genitori tedeschi (suo padre era il pittore Hans-Joachim Staude). Trascorsi sei mesi per un Master in Inghilterra, nel 1962 iniziò a lavorare per la Olivetti dapprima come venditore e successivamente occupandosi del personale estero. Nel 1965, l'azienda lo inviò a tenere corsi di formazione in molte aree del mondo (fra cui il Giappone ed il Sud Africa), dove entrò in contatto con le problematiche dell’apartheid e dello sfruttamento sociale del continente africano: tema dei suoi primi scritti giornalistici che l’Astrolabio, rivista diretta da Ferruccio Parri, gli pubblicò in Italia contribuendo a maturargli la decisione di cambiare radicalmente vita ed esplorare il mondo scrivendone.

L'esordio nel giornalismo

Una borsa di studio offertagli dalla Columbia University di New York per dedicarsi allo studio della lingua e della cultura cinese gli fornì la motivazione e la possibilità di licenziarsi dall'Olivetti (1969) per investire sulla professione giornalistica attrezzandosi di conoscenze sul paese asiatico e sugli esperimenti di nuova e utopistica organizzazione sociale in esso in atto in un'epoca di grandi fermenti e fenomeni politici di ripensamento critico dell’organizzazione occidentale . Dello stesso anno, in agosto, la nascita del suo primogenito Folco.

Dopo qualche collaborazione, prima per L'Astrolabio e poi per Il Giorno, Terzani finalmente ebbe l'opportunità, grazie al settimanale tedesco Der Spiegel di recarsi in Asia come corrispondente.

Gli anni da corrispondente

Nel marzo del 1971 nacque la figlia Saskia. Terzani, con la moglie ed i due figli piccoli, si trasferì a Singapore. In quegli anni Tiziano ebbe l'opportunità di seguire da molto vicino le fasi decisive della Guerra del Vietnam, esperienza che diede origine ai suoi primi due libri.

In seguito collaborò anche con i quotidiani italiani Corriere della Sera e La Repubblica, diventando uno dei più importanti giornalisti italiani a livello internazionale.

Terzani è stato un profondo conoscitore dell'Asia, non solo per quanto riguarda le vicende storiche e politiche, ma anche dal punto di vista filosofico e culturale. Ha vissuto a Pechino, Tokyo, Singapore, Hong Kong, Bangkok e Nuova Delhi, che negli ultimi anni aveva eletto come sua seconda casa. Il suo soggiorno a Pechino si concluse quando venne arrestato e "rieducato" per un mese prima di essere espulso dalle autorità cinesi per "attività controrivoluzionarie".

Le esperienze di Terzani in Asia sono confluite, oltre che negli articoli per i giornali, anche in numerosi libri, a cominciare da Pelle di leopardo (1973), che racconta le ultime fasi della Guerra del Vietnam, e per finire con il suo ultimo lavoro: Un altro giro di giostra. Tra i libri più interessanti di Terzani si ricorda Un indovino mi disse, cronaca di un viaggio di un anno attraverso numerosi paesi dell'Asia, compiuto senza mai prendere un aereo, per seguire l'avvertimento datogli da un indovino.

Nel 1997 a Terzani è stato conferito il "Premio Luigi Barzini all'inviato speciale". Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 diede una sua risposta alle invettive anti-islamiche della scrittrice fiorentina Oriana Fallaci nel libro Lettere contro la guerra.

Gli ultimi anni

Il libro "Un altro giro di giostra" tratta del suo modo di reagire alla malattia, un tumore all'intestino, viaggiando per il mondo e osservando con lo stesso spirito giornalistico di sempre le tecniche della più moderna medicina occidentale e le medicine alternative; il viaggio più difficile, alla ricerca di una pace interiore, che lo portò ad accettare serenamente la morte.
"Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere – si legge nel libro – e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso."

(Un altro giro di giostra)

Terzani si ritirò a trascorrere i suoi ultimi giorni ad Orsigna, il rifugio di una vita, sull'Appennino tosco-emiliano (Pistoia), spegnendosi il 28 luglio 2004.

Le sue ultime memorie sono registrate in un'intervista televisiva intitolata "Anam, il senzanome" (dove Terzani parla anche della sua scelta etica in favore del vegetarismo) e nel libro postumo La fine è il mio inizio, in cui Terzani riferisce al figlio Folco le proprie riflessioni di tutta una vita.

Terzani non fu molto conosciuto in Italia durante la sua attività giornalistica, poiché la testata per la quale lavorava principalmente era un periodico tedesco, ma oggi, a posteriori, possiamo considerare Terzani come uno dei massimi scrittori italiani di viaggi (ma non solo) del XX secolo, appassionato cronista del proprio tempo, entusiasta ricercatore della verità degli avvenimenti, dei suoi protagonisti e degli uomini suoi compagni di viaggio, fisico e spirituale: una delle menti più lucide, progressiste e non violente di inizio XXI secolo.

Controversie

Fu tra gli intellettuali che firmarono un manifesto, pubblicato sull'Espresso con cui accusarono il commissario Luigi Calabresi di essere un torturatore e di essere responsabile della fine dell'anarchico Pinelli.

L'Albero dei Desideri


Dal momento che Dio sgorga dal nostro cuore sotto forma di parole, dobbiamo cercare di rendere i nostri discorsi sempre più puri e puliti possibile. Dio, inoltre, si presenta sotto forma di verità. Così, qualsiasi cosa diciamo viene seguita da un'eco: «Così sia!»

A questo proposito, c'è una storiella. Un viaggiatore, che andava per i fatti suoi, dopo aver percorso un po' di strada, incominciò a sentire la calura estiva. A un lato del sentiero c'era un grosso albero, ed egli andò a riposarsi alla sua ombra. Rinvigorito da quella frescura, si sentì più che mai contento. Disse poi tra sé: «Sono riuscito a trovare un posto freschissimo; che fortuna se fossi capace anche di ottenere qui un bicchiere d'acqua fresca»

E, istantaneamente, come d'incanto, scese dall'albero un bicchiere d'acqua. Dopo aver bevuto, pensò: «Ora che ho placato la mia sete, come sarei felice se ci fosse qui un buon letto, perché questo pavimento è duro e ruvido».

In un attimo, scese un grande letto soffice. Allora pensò: «Nemmeno a casa mia posseggo un guanciale così morbido. Come ne sarebbe felice mia moglie, se venisse qui a vederlo!»

Detto, fatto. La moglie arrivò. Ma, al vederla, fu preso dal dubbio: «E mia moglie o un'apparizione diabolica? Mi divorerà?». Non aveva ancora finito di dire quelle ultime parole, che la moglie lo divorò.

L'albero, ai piedi del quale si era fermato in sosta, era l'Albero dei deside­ri, un albero sacro che esaudisce tutti i desideri. Quando il viaggiatore sedeva alla sua ombra, qualunque cosa buona pensasse la otteneva seduta stante; ma ugualmente, se pensava a cose cattive, anch'esse si producevano.

Il mondo è una parte di quest'Albero. Noi siamo seduti all'ombra delle sue fronde: se pensiamo a cose cattive, ci succedono cose cattive; se pensiamo a cose buone, ci succedono cose buone. Perciò, quando i nostri pensieri, la nostra contemplazione e le nostre opere sono pure, l'Albero sacro del mondo ci elargirà le cose buone che desideriamo. Sia il bene che il male verranno solo dai nostri cuori. Non vengono mai dal di fuori. Questa è la ragione per cui all'inizio dobbiamo purificare il più possibile il nostro cuore.

Racconti e Parabole di Sai Baba - Vol.1
Mother Sai Publications

mercoledì 3 giugno 2009

I cuori vicini

Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli:
"Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?"
"Gridano perché perdono la calma" rispose uno di loro.
"Ma perché gridare se la persona sta al suo lato?" disse nuovamente il pensatore.
"Bene, gridiamo perché - desideriamo che l'altra persona ci ascolti" replicò un altro discepolo.
E il maestro tornò a domandare: "Allora non è possibile parlargli a voce bassa?"
Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore.
Allora egli esclamò: "Voi sapete perché si grida contro un'altra persona quando si è arrabbiati?
Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto.
Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare.
Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l'uno con l'altro.
D'altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola.
A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano.
E quando l'amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi.
I loro cuori si intendono. E' questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.
Infine il pensatore concluse dicendo:
"Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare."

Gesù parla a un'anima (Amami come sei)

Gesù parla a un'anima
"Amami come sei"

Caro amico, conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo.
So la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: "Dammi il tuo cuore, amami come sei..."
Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'Amore, non amerai mai.
Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, e se ricadi in quelle colpe che vorresti non commettere più: non ti permetto di non amarmi.
Amami come sei ...
In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami come sei ...
Voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai.
Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore ?
Non sono forse io la Verità e la Vita in seno all'Onnipotente?
E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio Amore ?
Figlio mio, lascia che ti ami, voglio il tuo cuore.
Certo voglio col tempo trasformarti ma per ora ti amo come sei...
e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai tuoi cenci salga continuamente un gran grido "Gesù Ti Amo".

Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento.

Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore.
Non sono le tue virtuosità che desidero; se tu ne avessi troppe; sei così debole che potrebbero alimentare la tua superbia e il tuo orgoglio.
Non ti preoccupare di questo.
Ogni nato è destinato al grande bene.
No, non sarai il servo inutile; ti prenderò per mano con il poco che hai...
perché sei creato soltanto per accrescerti e trasformarti.
Oggi sto alla porta del tuo cuore come il mendicante, Io il Re dei Re!

Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi: Non farti alibi delle tue miserie interiori.
Se tu conoscessi perfettamente i falli e le tue omissioni: morresti di dolore.
Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia.

Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante, ma per amore, solo per amore.
Conto su di te per darmi gioia...
Non ti preoccupare di non possedere virtù: ti darò le mie.
Quando dovrai soffrire, ti darò la mia forza.
Mi hai dato l'amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare...
Ma ricordati ... Amami come sei ...
Ti ho dato mia Madre; fa passare in te la sua purezza
e il suo immenso cuore, per esserci anche tu nel nuovo Mondo !
Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti mai ... Và ...

Di Monsignor Lebrun

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