Il 'problema mente-corpo' emerge nella filosofia moderna con Cartesio: se la mente ed il corpo di una persona sono due sostanze distinte, allora occorre spiegare come possano interagire. Già nell'antichità, tuttavia, i filosofi greci si erano occupati della relazione tra l'anima ed il corpo. Psyché, termine tradotto dai Romani con anima, ha vari significati in greco, ma il significato filosoficamente rilevante, già presente in Omero, è quello di 'soffio vitale'. Il modo nel quale i filosofi greci hanno inteso tale soffio sono, ovviamente con molte varianti, essenzialmente tre:
1) l'anima è una parte del corpo; essa consiste di una materia particolarmente sottile che, agitandosi vorticosamente, dà vita e movimento alle membra (Democrito ed Epicuro);
2) l'anima è qualcosa di distinto dal corpo, che viene a trovarsi in esso prigioniera dopo la nascita, ma se ne libera con la morte; l'anima è eterna e, dopo la morte, rinasce in un altro corpo come insegna la dottrina pitagorica della 'metempsicosi' (Platone);
3) l'anima è la forma del corpo ('ilomorfismo'), è una capacità (una 'entelechia prima') che dà al corpo vita, movimento, sensibilità e (nell'uomo) pensiero; l'anima non è corpo, ma non potrebbe esistere senza un corpo così come una forma non può esistere senza una materia: l'occhio è occhio perché possiede la vista, ma la vista (la capacità di vedere) non può darsi senza l'occhio; l'anima si presenta sotto tre forme: l'anima nutritiva propria delle piante, l'anima sensitiva propria degli animali e l'anima razionale propria dell'uomo (Aristotele).
Cartesio nel XVII secolo rifiuta l'aristotelismo degli scolastici e difende, al pari di Galileo (sebbene in forme molto diverse), una concezione puramente meccanicistica della fisica. In questo contesto critica anche la concezione aristotelica dell'anima. Secondo Cartesio l'anima nutritiva non esiste: la vita è un semplice processo meccanico; gli animali sono delle macchine inconsapevoli di sé. Anche il corpo umano è un meccanismo, ma esso è guidato da un intelletto e da una volontà libera, che Cartesio, volendo prendere le distanze dall'aristotelismo, chiama non 'anima razionale' (o 'sensitiva'), bensì mens: pensiero, ossia coscienza. Anche nel dolore che provo in un piede c'è un elemento di pensiero, perché c'è il mio sentire il dolore, c'è la consapevolezza di provare dolore. E questa consapevolezza non è riducibile a qualcosa di fisico; essa è una modificazione di quella sostanza immateriale che io sono, cioè della mia mens (o esprit, come suonerà la traduzione francese accettata da Cartesio stesso). Da qui poi, da mens ed esprit, deriveranno tutti i termini con cui in tutte le lingue europee ci si riferisce a quello 'spazio interiore' privato e soggettivo che è accessibile solo per introspezione: ad es. mind o spirit in inglese, Geist in tedesco, 'mente' o 'spirito' in italiano (anche se, ovviamente, Geist, 'spirito', spirit e in parte anche mind acquisiranno un significato sovra-individuale con l'idealismo).
L'identificazione cartesiana della mente con la coscienza ha conosciuto un'enorme fortuna; ed anche nel corso del Novecento molti filosofi, pur anticartesiani, hanno continuato ad accettare implicitamente questa identificazione. Già nella seconda metà dell'Ottocento, tuttavia, il filosofo e psicologo austriaco F. Brentano aveva proposto una concezione diversa del 'mentale', secondo la quale gli stati mentali si distinguono dagli stati fisici, perché, a differenza di questi ultimi, possiedono una 'intenzionalità', si riferiscono ad altro da sé: un sasso è un sasso e basta, mentre un'idea, ad esempio, è necessariamente un'idea di qualcosa, ha necessariamente un contenuto. Da Brentano, suo professore a Vienna, S. Freud trasse probabilmente spunto per i suoi concetti di 'inconscio' e di 'preconscio', cioè per l'esistenza di nostre attività, che - pur essendo propriamente mentali, in quanto dotate di significato, e quindi non meramente fisiologiche - non sono tuttavia coscienti.
Ad ogni modo la natura della mente, o del 'mentale', non ha mai cessato, dopo Cartesio, di suscitare interrogativi per i filosofi moderni; interrogativi che essi, in genere, hanno associato strettamente ad un'altra domanda: come può la mente agire sul corpo e viceversa? Più in generale, qual è la natura metafisica, ontologica, del rapporto tra mente e corpo? Le risposte che, riprendendo in buona parte le concezioni degli antichi sull'anima, sono state date a questi quesiti possono essere classificate nel modo seguente:
1) Dualismo (o pluralismo) ontologico (Platone, Cartesio e, in tempi recenti, K.R. Popper per giungere a D. Chalmers). Il dualismo ontologico si presenta sotto due varianti: il 'dualismo delle sostanze' e il 'dualismo delle proprietà'. Secondo la prima variante mente e corpo, pur strettamente uniti e quasi fusi (almeno sino alla morte), sono nondimeno due sostanze distinte e, in linea di principio, separabili (come, ad esempio, la polpa ed il nocciolo di una mela). Secondo il dualismo delle proprietà, invece, mente e corpo sono due proprietà distinte di una medesima sostanza (come, ad esempio, il colore rosso e la forma sferica di una mela). I dualisti si sono in genere preoccupati di garantire la libertà dello spirito rispetto al determinismo della natura. Il dualismo delle sostanze, inoltre, è particolarmente adatto a rendere possibile la credenza cristiana nell'immortalità dell'anima.
2) Materialismo (Democrito ed Epicuro, Hobbes, alcuni illuministi, alcuni positivisti e, in tempi recenti, per un verso i sostenitori del 'fisicalismo' (ad esempio H. Feigl) e della 'teoria dell'identità tra mente e cervello' (ad es. U. Place, F. Smart e D. Armstrong) e, per un altro, gli 'eliminativisti' (ad esempio i coniugi Churchland)). Nella sua versione contemporanea il materialismo afferma che o gli stati mentali sono riducibili a processi neurofisiologici o che, se tale riduzione non è possibile, ciò è dovuto al carattere troppo rozzo dei concetti offerti dalla 'psicologia del senso comune': concetti come ad esempio 'credenza', 'desiderio', 'intenzione', 'passione' ecc. devono essere abbandonati e sostituiti con altri direttamente attinti dalle neuroscienze (ad esempio: attivarsi dei neuroni della corteccia nell'area F2).
3) Funzionalismo (ilomorfismo aristotelico e, in tempi recenti, H Putnam, prima della sua autocritica, J. Fodor, D. Dennett, W. Lycan ecc.). Questa è stata, a partire dai primi anni Sessanta, la concezione del mentale dominante tra gli psicologi cognitivi ed i filosofi della mente. È attualmente ancora molto diffusa, ma è ormai sottoposta ad attacchi pressanti che provengono, da un lato, dagli eliminativisti e, dall'altro, da tutti colori che, negli ultimi trent'anni, l'hanno messa in discussione, insieme al materialismo, sostenendo l'irriducibilità dell'esperienza soggettiva dei 'qualia' (colori, odori, sapori, dolori ecc.) a meri processi neurofisiologici (S. Kripke, T. Nagel, F. Jackson, D. Chalmers ecc.). Il funzionalismo nella sua versione 'classica' degli anni Sessanta, rinnovando (spesso inconsapevolmente e comunque su basi nuove) l'ilomorfismo aristotelico, è un figlio diretto delle speranze suscitate dall'intelligenza artificiale ai suoi albori: sviluppando la cosiddetta 'analogia mente-computer' i funzionalisti infatti hanno sostenuto che la mente è un software implementato dal cervello. Lo psicologo può perciò ricostruire l'organizzazione funzionale del cervello (le tappe mediante le quali l'input sensoriale viene 'processato' dal sistema nervoso fino a determinare l'output motorio), sebbene ignori completamente come tale organizzazione venga realizzata mediante processi cerebrali, così come un programmatore può scrivere i suoi programmi in basic o in windows disinteressandosi di come l'ingegnere abbia predisposto le cose in modo tale che questi sistemi operativi e tutti i programmi in essi scritti possano essere implementati da un certo hardware. La possibilità di sviluppare una psicologia scientifica in totale indipendenza dalle neuroscienze è viceversa ciò che gli eliminativisti trovano assurdo.
Altre teorie del rapporto tra mente e corpo sono state sostenute dai filosofi moderni. Dal Settecento alla prima metà del Novecento particolare importanza ha assunto, a più riprese ma in forme di volta in volta molto diverse e in paesi diversi, l'idealismo, dottrina secondo la quale, detto in estrema sintesi, la materia non gode di una realtà indipendente dal pensiero umano che la concepisce e la conosce. Particolare rilievo ha avuto nell'Ottocento e nei primi del Novecento lo spiritualismo, un misto di dualismo e idealismo. Infine, nella prima metà del Novecento, alcuni filosofi d'ispirazione analitica (in particolare L. Wittgenstein e G. Ryle), riprendendo un'idea già presente in D. Hume (e convergente con la tesi kantiana dell'inconoscibilità dell'anima), hanno sostenuto una forma di 'comportamentismo analitico', secondo la quale i termini psicologici descrivono non stati interni privati e accessibili solo introspettivamente, bensì disposizioni a comportarsi in modi pubblicamente osservabili. Se dico, ad esempio, che il mio vicino di tavola mi ha passato il sale "per cortesia", non intendo dire che un qualche suo misterioso stato interno (la cortesia) ha mosso la sua mano in un certo modo; intendo dire semplicemente che egli è una persona che, anche in passato, si è comportata in maniera cortese. Questa riduzione degli stati mentali a disposizioni comportamentali è tuttavia andata incontro a obiezioni difficilmente superabili: ad esempio il mio mal di denti coincide semplicemente con la mia tendenza a gemere e a tenermi la mano sulla guancia oppure consiste nel mio provare dolore, anche se non lo manifesto? Il comportamentismo è stato perciò quasi completamente abbandonato e sostituito, tra gli avversari del dualismo, o dal materialismo o dal funzionalismo.
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lunedì 11 agosto 2008
L'universo è un'illusione
L'universo è un'illusione - il "Paradigma olografico" - Universo olografico
Ricerche. Gli scienziati alle prese con il "paradigma olografico"
Stupefacenti scoperte nel campo della fisica potrebbero sconvolgere completamente le nostre convinzioni sulla natura dell'universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d'ora.
Nel 1982 un'équipe di ricerca dell'Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del 20° secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l'altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri.
È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stiano facendo tutte le altre. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l'ipotesi più accreditata è che l'esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non-locale. David Bohm, noto fisico dell'Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste. Nonostante la sua apparente solidità, l'universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Ologrammi, la parte e il tutto in una sola immagine Per capire come mai il Prof. Bohm abbia fatto questa sbalorditiva affermazione, dobbiamo prima comprendere la natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l'aiuto di un laser: per creare un ologramma l'oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica.
Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale. La tridimensionalità di tali immagini non è l'unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti se l'ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scoprirà che ciascuna metà contiene ancora l'intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine. Diversamente dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall'ologramma integro. Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera totalmente nuova di comprendere i concetti di organizzazione e di ordine. Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio. Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del professor Aspect. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l'acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario.
Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l'universo stesso è una proiezione, un ologramma.
Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate.
Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni dell'universo, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Poiché concetti come la località vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto, anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso. Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che, avendo gli strumenti appropriati, un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos'altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma.
Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto ciò che Esiste. Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un'infinità di ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l'universo col termine "olomovimento". Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l'informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l'universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch'esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l'immagine intera. Partendo da questo presupposto si deduce che tutte le manifestazioni della vita provengono da un'unica fonte di causalità che include ogni atomo dell'universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di "tutto". Il cervello è un ologramma capace di conservare 10 miliardi di informazioni... Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell'olografia.
Il Dott. Pribram crede che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l'area del frammento di pellicola che contiene l'immagine olografica. Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe anche in che modo questo organo riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. È stato calcolato che il cervello della nostra specie ha la capacità di immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni dell'Enciclopedia Treccani!) e si è scoperto che anche gli ologrammi possiedono una sorprendente capacità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l'angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio. ... ma anche di correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo Anche la nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall'enorme magazzino del nostro cervello risulta spiegabile più facilmente, se si suppone che esso funzioni secondo principi olografici. Non è necessario scartabellare attraverso una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: un'altra particolarità tipica degli ologrammi. Si tratta forse del supremo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata.
Un'altra caratteristica del cervello spiegabile in base all'ipotesi di Pribram è la sua abilità nel tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. che esso riceve tramite i sensi, nel mondo concreto delle nostre percezioni. Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio. Così come un ologramma funge, per così dire, da strumento di traduzione capace di convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente, così il cervello usa i principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori. Vi è una impressionante quantità di dati scientifici che confermano la teoria di Pribram, ormai, infatti, condivisa da molti altri neurofisiologi.
Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha recentemente applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, abilità che conservano anche se sordi da un orecchio.
È risultato che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia di quanto supposto. Ad esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro senso dell'olfatto percepisce anche le cosiddette "frequenze osmiche" e persino le cellule del nostro corpo sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e suddivise. La realtà? Non esiste, è solo un paradigma olografico Ma l'aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta quando lo si unisce alla teoria di Bohm. Perché se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? Per dirla in parole povere: non esiste. Come avevano lungamente sostenuto le religioni e le filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere delle entità fisiche che si muovono in un mondo fisico ma tutto questo fa parte del campo della pura illusione. In realtà siamo una sorta di "ricevitori" che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di "mondi" esistenti nel super-ologramma. Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato "paradigma olografico" e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto che si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti "stati alterati di coscienza" potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato. Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano.
Immaginarsi malati, immaginarsi sani Il paradigma olografico ha delle implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure come la biologia. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l'illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come "fisico". Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche ha spinto i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l'apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina. Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la "visualizzazione" risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la "realtà". Il mondo concreto è una tela bianca che attende di essere dipinta Perfino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente spiegate se accettiamo l'ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro "Gifts of Unknown Things", il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi. Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegare tali fenomeni, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà.
Forse siamo tutti d'accordo su cosa esista o non esista semplicemente perché ciò che consideriamo "realtà consensuale" è stato formulato e ratificato ad un livello della coscienza umana nel quale tutte le menti sono illimitatamente collegate tra loro. Se ciò risultasse vero, sarebbe la più profonda ed importante di tutte le conseguenze connesse al paradigma olografico, implicherebbe infatti che esperienze come quella riportata da Watson non sono comuni solo perché non abbiamo impostato le nostre menti con le convinzioni atte a renderle tali. In un universo olografico non vi sono limiti all'entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi incontri con don Juan, lo sciamano Yaqui descritto nei suoi libri. Tutto questo non sarà né più né meno miracoloso della capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni. Tutte le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà.
Ricerche. Gli scienziati alle prese con il "paradigma olografico"
Stupefacenti scoperte nel campo della fisica potrebbero sconvolgere completamente le nostre convinzioni sulla natura dell'universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d'ora.
Nel 1982 un'équipe di ricerca dell'Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del 20° secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l'altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri.
È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stiano facendo tutte le altre. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l'ipotesi più accreditata è che l'esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non-locale. David Bohm, noto fisico dell'Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste. Nonostante la sua apparente solidità, l'universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Ologrammi, la parte e il tutto in una sola immagine Per capire come mai il Prof. Bohm abbia fatto questa sbalorditiva affermazione, dobbiamo prima comprendere la natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l'aiuto di un laser: per creare un ologramma l'oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica.
Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale. La tridimensionalità di tali immagini non è l'unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti se l'ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scoprirà che ciascuna metà contiene ancora l'intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine. Diversamente dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall'ologramma integro. Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera totalmente nuova di comprendere i concetti di organizzazione e di ordine. Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio. Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del professor Aspect. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l'acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario.
Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l'universo stesso è una proiezione, un ologramma.
Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate.
Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni dell'universo, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Poiché concetti come la località vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto, anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso. Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che, avendo gli strumenti appropriati, un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos'altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma.
Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto ciò che Esiste. Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un'infinità di ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l'universo col termine "olomovimento". Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l'informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l'universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch'esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l'immagine intera. Partendo da questo presupposto si deduce che tutte le manifestazioni della vita provengono da un'unica fonte di causalità che include ogni atomo dell'universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di "tutto". Il cervello è un ologramma capace di conservare 10 miliardi di informazioni... Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell'olografia.
Il Dott. Pribram crede che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l'area del frammento di pellicola che contiene l'immagine olografica. Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe anche in che modo questo organo riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. È stato calcolato che il cervello della nostra specie ha la capacità di immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni dell'Enciclopedia Treccani!) e si è scoperto che anche gli ologrammi possiedono una sorprendente capacità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l'angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio. ... ma anche di correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo Anche la nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall'enorme magazzino del nostro cervello risulta spiegabile più facilmente, se si suppone che esso funzioni secondo principi olografici. Non è necessario scartabellare attraverso una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: un'altra particolarità tipica degli ologrammi. Si tratta forse del supremo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata.
Un'altra caratteristica del cervello spiegabile in base all'ipotesi di Pribram è la sua abilità nel tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. che esso riceve tramite i sensi, nel mondo concreto delle nostre percezioni. Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio. Così come un ologramma funge, per così dire, da strumento di traduzione capace di convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente, così il cervello usa i principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori. Vi è una impressionante quantità di dati scientifici che confermano la teoria di Pribram, ormai, infatti, condivisa da molti altri neurofisiologi.
Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha recentemente applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, abilità che conservano anche se sordi da un orecchio.
È risultato che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia di quanto supposto. Ad esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro senso dell'olfatto percepisce anche le cosiddette "frequenze osmiche" e persino le cellule del nostro corpo sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e suddivise. La realtà? Non esiste, è solo un paradigma olografico Ma l'aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta quando lo si unisce alla teoria di Bohm. Perché se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? Per dirla in parole povere: non esiste. Come avevano lungamente sostenuto le religioni e le filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere delle entità fisiche che si muovono in un mondo fisico ma tutto questo fa parte del campo della pura illusione. In realtà siamo una sorta di "ricevitori" che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di "mondi" esistenti nel super-ologramma. Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato "paradigma olografico" e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto che si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti "stati alterati di coscienza" potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato. Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano.
Immaginarsi malati, immaginarsi sani Il paradigma olografico ha delle implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure come la biologia. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l'illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come "fisico". Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche ha spinto i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l'apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina. Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la "visualizzazione" risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la "realtà". Il mondo concreto è una tela bianca che attende di essere dipinta Perfino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente spiegate se accettiamo l'ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro "Gifts of Unknown Things", il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi. Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegare tali fenomeni, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà.
Forse siamo tutti d'accordo su cosa esista o non esista semplicemente perché ciò che consideriamo "realtà consensuale" è stato formulato e ratificato ad un livello della coscienza umana nel quale tutte le menti sono illimitatamente collegate tra loro. Se ciò risultasse vero, sarebbe la più profonda ed importante di tutte le conseguenze connesse al paradigma olografico, implicherebbe infatti che esperienze come quella riportata da Watson non sono comuni solo perché non abbiamo impostato le nostre menti con le convinzioni atte a renderle tali. In un universo olografico non vi sono limiti all'entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi incontri con don Juan, lo sciamano Yaqui descritto nei suoi libri. Tutto questo non sarà né più né meno miracoloso della capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni. Tutte le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà.
Reincarnazione - Reincarnazione e Karma
Per l'anima non c'è mai nascita, né morte.
Esiste e non cessa mai di esistere.
È non nata, eterna, esiste sempre, non muore ed è originale.
Non muore quando il corpo muore.
(Bhagavad-gita 2.20)
Può sembrare che ciò che si pensa su ciò che succede dopo la morte non sia così importante, e che ciò che veramente conta sia solo come si vive qui e adesso. Ma che dire se le due cose fossero strettamente connesse? Che dire se ciò che si fa ora influisse in modo determinante sul futuro e le mie attività del passato avessero ora i loro effetti?
Con un'analisi approfondita, inoltre, si può osservare che lo stile di vita nelle diverse culture del mondo si può facilmente mettere in relazione al concetto che ciascuno ha della vita dopo la morte. Spesso è proprio questo che modella l'intera impostazione culturale.
Sebbene i particolari della trasmigrazione dell'anima, la reincarnazione, varino da religione a religione, le basi scientifiche di questo credo o i principi su cui si fonda, sono gli stessi.
In sostanza il concetto è che la forza vitale, o l'essenza che distingue un corpo vivente da uno morto, sopravvive alla morte del corpo; bisogna passare di corpo in corpo, proprio come in questa vita si passa dall'infanzia all'adolescenza e dall'adolescenza alla vecchiaia, fino a quando non si raggiunge la perfezione, vale a dire la relazione di puro amore per Dio, che rende coscienti della propria posizione originale.
Fino a che non saremo abbastanza puri e desiderosi di ricongiungerci a Dio, torneremo più e più volte a prendere nuovi corpi materiali al fine di purificare appunto la nostra coscienza da tutti i desideri di natura materiale.
La legge di causa ed effetto, conosciuta nella Letteratura Vedica come "legge del karma" e simboleggiata nella Bibbia dalla frase "ciò che semini raccoglierai", accompagna logicamente il concetto di reincarnazione.
Spesso confuso con una specie di punizione, il karma, propriamente compreso, è un sistema didattico dal quale si può trarre insegnamento; se si fanno le cose giuste, tutto andrà bene, mentre se si fanno cose sbagliate tutto andrà male; così è possibile imparare dai nostri errori.
Spesso l'apprendimento è sottile; quindi, anche se non ricordiamo gli errori commessi nelle vite precedenti, saremo guidati naturalmente verso il progresso, o il regresso, secondo i desideri e le attività del passato. Il fatto che non si possano ricordare le attività del passato non dimostra affatto che non esistano. D'altro canto chi ricorda le prime parole di questo articolo?
Gli scettici sostengono che la reincarnazione è la speranza di chi non riesce ad accettare la morte. Molti non desiderano però reincarnarsi, ma cercano di perfezionare le loro vite in vista di un obbiettivo al di là del mondo materiale.
Esistono anche parecchie ricerche che suggeriscono che la reincarnazione sia più di una speranza.
Ian Stevenson, dell'Università della Virginia, ha raccolto numerose testimonianze secondo le quali molte persone sostengono di ricordare vite precedenti. In molti casi bambini hanno dato indicazioni sufficienti ad identificare una famiglia precedente. L'ipotesi che queste persone possano davvero aver trovato la famiglia giusta è, alcune volte, sostenuta da segni particolari congeniti, o caratteristiche che erano presenti nel corpo precedente.
Anche nel mondo della scienza, Einstein, Stromberg, Edison, ecc..., erano sostenitori della dottrina della reincarnazione, e i primi filosofi dell'antica Grecia ne erano ardenti sostenitori e la spiegavano in termini di ragione e di logica.
Socrate, Platone e Pitagora non sono che pochi tra i grandi pensatori che sostennero la verità della reincarnazione. La scienza considera molto importanti le relazioni di "causa" nel mondo fenomenico. Ogni evento fenomenico ha la sua causa, ed ogni causa avrà il suo effetto; questa è la terza legge di Newton.
Le scienze spirituali, specialmente i Veda, allargano questa concezione anche alla vita morale e spirituale dell'uomo. Anche le religioni occidentali lo sostengono. "Ciò che uno semina raccoglie"; oppure "Chi di spada ferisce, di spada perisce", ecc.
Le conseguenze delle scelte passate condizionano la vita presente, come un giocatore si trova la partita vinta in mano, ma è comunque libero di giocarla in diversi modi. Ciò significa che il viaggio dell'anima da un corpo ad un altro è guidato dalle nostre scelte.
La reincarnazione e le religioni del mondo
Proprio come gli Hindu e i Buddisti accettano la dottrina della reincarnazione, così tutte le tradizioni religiose l'hanno accettata in tempi diversi.
Gli antichi Egizi e i Greci la accettavano come un fatto della vita, mentre i Druidi arrivavano a prestare denaro pensando di riaverlo in una vita futura.
Gli Indiani d'America, gli aborigeni australiani e molte tribù africane includono la reincarnazione nei loro credo.
L'idea, pienamente accettata da Ebrei ed Esseni, era largamente diffusa ai tempi di Gesù, e ha continuato ad essere popolare tra gli Ebrei europei fino alla fine del Medioevo, tra gli Ebrei Cassidici e mistici, presso i quali è conosciuta come "gilgul" ed è spiegata abbastanza in profondità in varie opere cabalistiche.
I Drusi, di origine musulmana, non solo credono nella reincarnazione, ma considerano le memorie delle vite passate una cosa normale, anche se fino a poco tempo fa era loro vietato di parlarne al di fuori del loro popolo.
Il concetto di reincarnazione è decisamente una componente anche del primo Cristianesimo; ciò nonostante, molti cristiani moderni tendono a considerare l'idea come una buffa superstizione.
I padri della Chiesa Cristiana, comunque, testimoniano che le reincarnazione era parte del pensiero cristiano primitivo.
Per esempio, nel terzo sec. d.C., Origene, che era considerato secondo solo ad Agostino per la sua influenza durante i primi tempi della Chiesa, scrisse nella sua opera "Sui Principi": "A causa di una certa inclinazione verso il male di alcune anime, esse perdono le ali e prendono corpo, prima sotto forma di uomini; quindi, a causa dell'associazione con la passione irrazionale, dopo il periodo assegnato con la forma umana, essi si trasformano in bestie, forma dalla quale passano poi alla forma di piante. Restano in queste diverse forme di corpi fino a quando non saranno degni di essere riportati alla loro posizione spirituale". (NDR: in effetti, questa non è l'esatta "formula" reincarnativa. Nessuno torna "indietro" - secondo Tradizione - in esperienze superate. L'uomo evolverà sempre, una volta entrato nel regno umano, e non tornerà ad abitare in regni precedenti a questo)
Con il tempo, quando la teologia cristiana iniziò a cambiare, l'idea della reincarnazione divenne sinonimo di eresia, e nel 553 d.C., nel secondo Concilio di Costantinopoli, l'Imperatore Giustiniano proclamò il suo anatema contro Origene:
"Se qualcuno dovesse proclamare che l'anima trasmigra da un corpo ad un altro che sia maledetto".
Questo pose fine ad ogni disquisizione seria sulla trasmigrazione dell'anima nella cristianità organizzata.
La conclusione Vedica
Secondo i Veda, che danno informazioni più dettagliate e scientifiche sulla trasmigrazione dell'anima, la forza vitale è legata al corpo nella stessa misura in cui il corpo è legato ai vestiti che indossa o alla casa in cui abita.
Quando un vestito sta stretto o la casa è piccola li cambiamo. La scienza spiega che nel corso di sette anni tutte le cellule del corpo cambiano; quindi, il corpo di sette anni fa non è più lo stesso; difatti basta .... guardarsi allo specchio.
La nostra mente e la nostra personalità subiscono, nel corso della vita, cambiamenti altrettanto radicali.
Eppure, nonostante questi cambiamenti, su un altro livello (quello spirituale) siamo sempre gli stessi, siamo sempre la stessa persona. Che cos'è questo livello più profondo e fondamentale che continua in mezzo a tanti mutamenti? L'anima.
Il vocabolo "personalità" deriva dal latino "persona", che in origine indicava la maschera indossata dagli attori sulla scena. La maschera aveva le caratteristiche del personaggio interpretato, mentre l'attore restava anonimo.
Anche noi, usando stratagemmi simili alle maschere, camuffiamo la nostra vera identità con i trucchi e le apparenze del ruolo che stiamo interpretando. Le nostre reali personalità sono nascoste.
Sfortunatamente, chi sceglie di ignorare il messaggio di Dio, così com'è rivelato dalle Sacre Scritture, tende a perdere di vista la differenza tra la vera personalità e la personalità materiale, che è la maschera che stiamo indossando attualmente; ma, che ci verrà tolta alla fine di questo show, con la morte.
Siamo tanto identificati con questa parte, che non riusciamo più a vedere nient'altro. Però, c'è chi decide di ritrovare la propria vera identità nascosta, cercando di portare la propria attenzione sull'elemento spirituale che sta sotto alle apparenze esteriori.
Così, riuscendo ad eliminare tutti gli strati della maschera della falsa identificazione materiale, possiamo scoprire il vero attore che c'è sotto: un'anima, che per "vera" natura è piena di conoscenza, di felicità ed è eterna servitrice di Krishna, Dio, la Persona Suprema.
fonte: www.viviamoinpositivo.org
Esiste e non cessa mai di esistere.
È non nata, eterna, esiste sempre, non muore ed è originale.
Non muore quando il corpo muore.
(Bhagavad-gita 2.20)
Può sembrare che ciò che si pensa su ciò che succede dopo la morte non sia così importante, e che ciò che veramente conta sia solo come si vive qui e adesso. Ma che dire se le due cose fossero strettamente connesse? Che dire se ciò che si fa ora influisse in modo determinante sul futuro e le mie attività del passato avessero ora i loro effetti?
Con un'analisi approfondita, inoltre, si può osservare che lo stile di vita nelle diverse culture del mondo si può facilmente mettere in relazione al concetto che ciascuno ha della vita dopo la morte. Spesso è proprio questo che modella l'intera impostazione culturale.
Sebbene i particolari della trasmigrazione dell'anima, la reincarnazione, varino da religione a religione, le basi scientifiche di questo credo o i principi su cui si fonda, sono gli stessi.
In sostanza il concetto è che la forza vitale, o l'essenza che distingue un corpo vivente da uno morto, sopravvive alla morte del corpo; bisogna passare di corpo in corpo, proprio come in questa vita si passa dall'infanzia all'adolescenza e dall'adolescenza alla vecchiaia, fino a quando non si raggiunge la perfezione, vale a dire la relazione di puro amore per Dio, che rende coscienti della propria posizione originale.
Fino a che non saremo abbastanza puri e desiderosi di ricongiungerci a Dio, torneremo più e più volte a prendere nuovi corpi materiali al fine di purificare appunto la nostra coscienza da tutti i desideri di natura materiale.
La legge di causa ed effetto, conosciuta nella Letteratura Vedica come "legge del karma" e simboleggiata nella Bibbia dalla frase "ciò che semini raccoglierai", accompagna logicamente il concetto di reincarnazione.
Spesso confuso con una specie di punizione, il karma, propriamente compreso, è un sistema didattico dal quale si può trarre insegnamento; se si fanno le cose giuste, tutto andrà bene, mentre se si fanno cose sbagliate tutto andrà male; così è possibile imparare dai nostri errori.
Spesso l'apprendimento è sottile; quindi, anche se non ricordiamo gli errori commessi nelle vite precedenti, saremo guidati naturalmente verso il progresso, o il regresso, secondo i desideri e le attività del passato. Il fatto che non si possano ricordare le attività del passato non dimostra affatto che non esistano. D'altro canto chi ricorda le prime parole di questo articolo?
Gli scettici sostengono che la reincarnazione è la speranza di chi non riesce ad accettare la morte. Molti non desiderano però reincarnarsi, ma cercano di perfezionare le loro vite in vista di un obbiettivo al di là del mondo materiale.
Esistono anche parecchie ricerche che suggeriscono che la reincarnazione sia più di una speranza.
Ian Stevenson, dell'Università della Virginia, ha raccolto numerose testimonianze secondo le quali molte persone sostengono di ricordare vite precedenti. In molti casi bambini hanno dato indicazioni sufficienti ad identificare una famiglia precedente. L'ipotesi che queste persone possano davvero aver trovato la famiglia giusta è, alcune volte, sostenuta da segni particolari congeniti, o caratteristiche che erano presenti nel corpo precedente.
Anche nel mondo della scienza, Einstein, Stromberg, Edison, ecc..., erano sostenitori della dottrina della reincarnazione, e i primi filosofi dell'antica Grecia ne erano ardenti sostenitori e la spiegavano in termini di ragione e di logica.
Socrate, Platone e Pitagora non sono che pochi tra i grandi pensatori che sostennero la verità della reincarnazione. La scienza considera molto importanti le relazioni di "causa" nel mondo fenomenico. Ogni evento fenomenico ha la sua causa, ed ogni causa avrà il suo effetto; questa è la terza legge di Newton.
Le scienze spirituali, specialmente i Veda, allargano questa concezione anche alla vita morale e spirituale dell'uomo. Anche le religioni occidentali lo sostengono. "Ciò che uno semina raccoglie"; oppure "Chi di spada ferisce, di spada perisce", ecc.
Le conseguenze delle scelte passate condizionano la vita presente, come un giocatore si trova la partita vinta in mano, ma è comunque libero di giocarla in diversi modi. Ciò significa che il viaggio dell'anima da un corpo ad un altro è guidato dalle nostre scelte.
La reincarnazione e le religioni del mondo
Proprio come gli Hindu e i Buddisti accettano la dottrina della reincarnazione, così tutte le tradizioni religiose l'hanno accettata in tempi diversi.
Gli antichi Egizi e i Greci la accettavano come un fatto della vita, mentre i Druidi arrivavano a prestare denaro pensando di riaverlo in una vita futura.
Gli Indiani d'America, gli aborigeni australiani e molte tribù africane includono la reincarnazione nei loro credo.
L'idea, pienamente accettata da Ebrei ed Esseni, era largamente diffusa ai tempi di Gesù, e ha continuato ad essere popolare tra gli Ebrei europei fino alla fine del Medioevo, tra gli Ebrei Cassidici e mistici, presso i quali è conosciuta come "gilgul" ed è spiegata abbastanza in profondità in varie opere cabalistiche.
I Drusi, di origine musulmana, non solo credono nella reincarnazione, ma considerano le memorie delle vite passate una cosa normale, anche se fino a poco tempo fa era loro vietato di parlarne al di fuori del loro popolo.
Il concetto di reincarnazione è decisamente una componente anche del primo Cristianesimo; ciò nonostante, molti cristiani moderni tendono a considerare l'idea come una buffa superstizione.
I padri della Chiesa Cristiana, comunque, testimoniano che le reincarnazione era parte del pensiero cristiano primitivo.
Per esempio, nel terzo sec. d.C., Origene, che era considerato secondo solo ad Agostino per la sua influenza durante i primi tempi della Chiesa, scrisse nella sua opera "Sui Principi": "A causa di una certa inclinazione verso il male di alcune anime, esse perdono le ali e prendono corpo, prima sotto forma di uomini; quindi, a causa dell'associazione con la passione irrazionale, dopo il periodo assegnato con la forma umana, essi si trasformano in bestie, forma dalla quale passano poi alla forma di piante. Restano in queste diverse forme di corpi fino a quando non saranno degni di essere riportati alla loro posizione spirituale". (NDR: in effetti, questa non è l'esatta "formula" reincarnativa. Nessuno torna "indietro" - secondo Tradizione - in esperienze superate. L'uomo evolverà sempre, una volta entrato nel regno umano, e non tornerà ad abitare in regni precedenti a questo)
Con il tempo, quando la teologia cristiana iniziò a cambiare, l'idea della reincarnazione divenne sinonimo di eresia, e nel 553 d.C., nel secondo Concilio di Costantinopoli, l'Imperatore Giustiniano proclamò il suo anatema contro Origene:
"Se qualcuno dovesse proclamare che l'anima trasmigra da un corpo ad un altro che sia maledetto".
Questo pose fine ad ogni disquisizione seria sulla trasmigrazione dell'anima nella cristianità organizzata.
La conclusione Vedica
Secondo i Veda, che danno informazioni più dettagliate e scientifiche sulla trasmigrazione dell'anima, la forza vitale è legata al corpo nella stessa misura in cui il corpo è legato ai vestiti che indossa o alla casa in cui abita.
Quando un vestito sta stretto o la casa è piccola li cambiamo. La scienza spiega che nel corso di sette anni tutte le cellule del corpo cambiano; quindi, il corpo di sette anni fa non è più lo stesso; difatti basta .... guardarsi allo specchio.
La nostra mente e la nostra personalità subiscono, nel corso della vita, cambiamenti altrettanto radicali.
Eppure, nonostante questi cambiamenti, su un altro livello (quello spirituale) siamo sempre gli stessi, siamo sempre la stessa persona. Che cos'è questo livello più profondo e fondamentale che continua in mezzo a tanti mutamenti? L'anima.
Il vocabolo "personalità" deriva dal latino "persona", che in origine indicava la maschera indossata dagli attori sulla scena. La maschera aveva le caratteristiche del personaggio interpretato, mentre l'attore restava anonimo.
Anche noi, usando stratagemmi simili alle maschere, camuffiamo la nostra vera identità con i trucchi e le apparenze del ruolo che stiamo interpretando. Le nostre reali personalità sono nascoste.
Sfortunatamente, chi sceglie di ignorare il messaggio di Dio, così com'è rivelato dalle Sacre Scritture, tende a perdere di vista la differenza tra la vera personalità e la personalità materiale, che è la maschera che stiamo indossando attualmente; ma, che ci verrà tolta alla fine di questo show, con la morte.
Siamo tanto identificati con questa parte, che non riusciamo più a vedere nient'altro. Però, c'è chi decide di ritrovare la propria vera identità nascosta, cercando di portare la propria attenzione sull'elemento spirituale che sta sotto alle apparenze esteriori.
Così, riuscendo ad eliminare tutti gli strati della maschera della falsa identificazione materiale, possiamo scoprire il vero attore che c'è sotto: un'anima, che per "vera" natura è piena di conoscenza, di felicità ed è eterna servitrice di Krishna, Dio, la Persona Suprema.
fonte: www.viviamoinpositivo.org
domenica 10 agosto 2008
Cambia strategia
Un giorno, un uomo non vedente stava seduto sui gradini di un edificio con un cappello ai suoi piedi ed un cartello recante la scritta:
"Sono cieco, aiutatemi per favore".
Un pubblicitario che passeggiava lì vicino si fermò e notò che aveva solo pochi centesimi nel suo cappello. Si chinò e versò altre monete.
Poi, senza chiedere il permesso dell'uomo, prese il cartello, lo girò e scrisse un'altra frase.
Quello stesso pomeriggio il pubblicitario tornò dal non vedente e notò che il suo cappello era pieno di monete e banconote.
Il non vedente riconobbe il passo dell'uomo: chiese se fosse stato lui ad aver riscritto il suo cartello e cosa avesse scritto.
Il pubblicitario rispose "Niente che non fosse vero. Ho solo riscritto il tuo in maniera diversa", sorrise e andò via.
Il non vedente non seppe mai che ora sul suo cartello c'è scritto:
"Oggi è primavera... ed io non la posso vedere."
Cambia la tua strategia quando le cose non vanno bene e vedrai che sarà per il meglio.
Abbi fede: ogni cambiamento è il meglio per la nostra vita.
"Sono cieco, aiutatemi per favore".
Un pubblicitario che passeggiava lì vicino si fermò e notò che aveva solo pochi centesimi nel suo cappello. Si chinò e versò altre monete.
Poi, senza chiedere il permesso dell'uomo, prese il cartello, lo girò e scrisse un'altra frase.
Quello stesso pomeriggio il pubblicitario tornò dal non vedente e notò che il suo cappello era pieno di monete e banconote.
Il non vedente riconobbe il passo dell'uomo: chiese se fosse stato lui ad aver riscritto il suo cartello e cosa avesse scritto.
Il pubblicitario rispose "Niente che non fosse vero. Ho solo riscritto il tuo in maniera diversa", sorrise e andò via.
Il non vedente non seppe mai che ora sul suo cartello c'è scritto:
"Oggi è primavera... ed io non la posso vedere."
Cambia la tua strategia quando le cose non vanno bene e vedrai che sarà per il meglio.
Abbi fede: ogni cambiamento è il meglio per la nostra vita.
Il treno della vita
Qualche tempo fà ho letto un libro, dove la vita veniva paragonata ad un viaggio in treno.
Una lettura molto interessante.
La vita è come un viaggio in treno:
Spesso si sale e si scende, ci sono incidenti, a qualche fermata ci sono delle sorprese piacevoli e a qualcun’altra profonda tristezza.
Quando nasciamo e saliamo sul treno, incontriamo persone, di cui crediamo, che ci accompagneranno durante tutto il nostro viaggio: i nostri genitori.
Purtroppo la verità è un’altra.
Loro scendono in una stazione e ci lasciano senza il loro amore e affetto, senza la loro amicizia e compagnia.
Comunque salgono altre persone sul treno, che per noi saranno molto importanti.
Sono i nostri fratelli e sorelle, i nostri amici e tutte le persone meravigliose che amiamo.
Qualcuna di queste persone che sale, considera il viaggio come una piccola passeggiata
Altri trovano solo tristezza nel loro viaggio.
E poi ci sono altri ancora sul treno sempre presenti e sempre pronti ad aiutare coloro che ne hanno bisogno
Qualcuno lascia quando scende una nostalgia perenne...
Qualcun altro sale e riscende subito, e lo abbiamo a mala pena notato...
Ci sorprende che qualcuno dei passeggeri, a cui vogliamo più bene, si segga in un altro vagone e che in questo frangente ci faccia fare il viaggio da soli.
Naturalmente non ci lasciamo frenare da nessuno, a prenderci la briga, di cercarli e di spingerci alla loro ricerca nel loro vagone.
Purtroppo qualche volta non possiamo accomodarci al loro fianco, perché il posto vicino a loro è già occupato.
Non fà niente, così è il viaggio: pieno di sfide, sogni, fantasie, speranze e addii… ma senza ritorno.
Cerchiamo di fare il viaggio nel miglior modo possibile.
Cerchiamo di andare d’accordo con i nostri vicini di viaggio e cerchiamo il meglio in ognuno di loro..
Ricordiamoci, che in ogni fase del tragitto uno dei nostri compagni di viaggio può vacillare e possibilmente ha bisogno della nostra comprensione.
Anche noi vacilleremo spesso e ci sarà qualcuno che ci capisce.
Il grande mistero del viaggio è che non sappiamo quando scenderemo definitivamente, e tantomeno quando i nostri compagni di viaggio lo faranno, neanche colui che stà seduto proprio vicino a noi.
Io penso, che mi dispiacerà tanto, quando scenderò per sempre dal treno..... Sì, ne sono convinta.
La separazione da tutti gli amici che ho incontrato durante il viaggio, sarà dolorosa, lasciare i miei cari da soli, sarà molto triste.
Ma ho la speranza che prima o poi arrivi la stazione centrale e ho l’impressione, di vederli arrivare tutti con un bagaglio, che quando erano saliti sul treno ancora non avevano.
Ciò che mi renderà felice, è il pensiero, che ho contribuito ad aumentare e arricchire il loro bagaglio impreziosendolo.
Facciamo il possibile, per far sì che si faccia un buon viaggio e che alla fine ne sia valsa la pena.
Mettiamocela tutta per lasciare quando scendiamo un posto vuoto, che lascia nostalgia e bei ricordi in coloro che proseguono il viaggio.
A coloro, che fanno parte del mio treno, auguro
BUON VIAGGIO !
Una lettura molto interessante.
La vita è come un viaggio in treno:
Spesso si sale e si scende, ci sono incidenti, a qualche fermata ci sono delle sorprese piacevoli e a qualcun’altra profonda tristezza.
Quando nasciamo e saliamo sul treno, incontriamo persone, di cui crediamo, che ci accompagneranno durante tutto il nostro viaggio: i nostri genitori.
Purtroppo la verità è un’altra.
Loro scendono in una stazione e ci lasciano senza il loro amore e affetto, senza la loro amicizia e compagnia.
Comunque salgono altre persone sul treno, che per noi saranno molto importanti.
Sono i nostri fratelli e sorelle, i nostri amici e tutte le persone meravigliose che amiamo.
Qualcuna di queste persone che sale, considera il viaggio come una piccola passeggiata
Altri trovano solo tristezza nel loro viaggio.
E poi ci sono altri ancora sul treno sempre presenti e sempre pronti ad aiutare coloro che ne hanno bisogno
Qualcuno lascia quando scende una nostalgia perenne...
Qualcun altro sale e riscende subito, e lo abbiamo a mala pena notato...
Ci sorprende che qualcuno dei passeggeri, a cui vogliamo più bene, si segga in un altro vagone e che in questo frangente ci faccia fare il viaggio da soli.
Naturalmente non ci lasciamo frenare da nessuno, a prenderci la briga, di cercarli e di spingerci alla loro ricerca nel loro vagone.
Purtroppo qualche volta non possiamo accomodarci al loro fianco, perché il posto vicino a loro è già occupato.
Non fà niente, così è il viaggio: pieno di sfide, sogni, fantasie, speranze e addii… ma senza ritorno.
Cerchiamo di fare il viaggio nel miglior modo possibile.
Cerchiamo di andare d’accordo con i nostri vicini di viaggio e cerchiamo il meglio in ognuno di loro..
Ricordiamoci, che in ogni fase del tragitto uno dei nostri compagni di viaggio può vacillare e possibilmente ha bisogno della nostra comprensione.
Anche noi vacilleremo spesso e ci sarà qualcuno che ci capisce.
Il grande mistero del viaggio è che non sappiamo quando scenderemo definitivamente, e tantomeno quando i nostri compagni di viaggio lo faranno, neanche colui che stà seduto proprio vicino a noi.
Io penso, che mi dispiacerà tanto, quando scenderò per sempre dal treno..... Sì, ne sono convinta.
La separazione da tutti gli amici che ho incontrato durante il viaggio, sarà dolorosa, lasciare i miei cari da soli, sarà molto triste.
Ma ho la speranza che prima o poi arrivi la stazione centrale e ho l’impressione, di vederli arrivare tutti con un bagaglio, che quando erano saliti sul treno ancora non avevano.
Ciò che mi renderà felice, è il pensiero, che ho contribuito ad aumentare e arricchire il loro bagaglio impreziosendolo.
Facciamo il possibile, per far sì che si faccia un buon viaggio e che alla fine ne sia valsa la pena.
Mettiamocela tutta per lasciare quando scendiamo un posto vuoto, che lascia nostalgia e bei ricordi in coloro che proseguono il viaggio.
A coloro, che fanno parte del mio treno, auguro
BUON VIAGGIO !
Voi siete un miracolo
Abbiamo paura di vivere la vita, e perci non facciamo esperienze, non vediamo. Non sentiamo. Non rischiamo! Non prendiamo a cuore nulla! Non viviamo... perch la vita significa essere coinvolti attivamente. Vivere significa sporcarvi le mani. Vivere significa buttarvi con coraggio. Vivere significa cadere e sbattere il muso. Vivere significa andare al di l di voi stessi... tra le stelle!
Ma dovete decidere voi, per voi stessi. "Cosa significa per me la vita?" Sono convinto che se ogni giorno dedicassimo a pensare alla vita e a vivere e ad amare lo stesso tempo... no, un quarto del tempo che dedichiamo a preparare i pasti, saremmo incredibili!
Ma la vita ha un modo meraviglioso per risolvere questo problema. Per me sempre affascinante perch, quando la vita non viene vissuta, esplode in noi. E' come cercare di bloccare il coperchio di una pentola che bolle. Succeder qualcosa, ne sono convinto. Finirete per piombare nella paura, nella sofferenza, nella solitudine, nella paranoia o nell'apatia. Tutti segni del fatto che non state vivendo! Quindi, se avvertite uno di questi sintomi, rimboccatevi le maniche e dite: "Ora devo vivere". Nell'attimo in cui incominciate a lasciarvi coinvolgere nella vita, il vapore fuoriesce, e siete salvi. Non facile: ma la vita ci fa sapere che deve essere vissuta. Meraviglioso!
Perch c' la morte? Io non so perch c' la morte. Perch c' la sofferenza? Vorrei che non ci fosse, ma non so perch c'. Se passassi la vita a cercare le risposte a questi interrogativi, non vivrei mai.
Per a quelli che vengono da me dico che so qualcosa della vita. C' una cosa chiamata gioia, perch io l'ho provata. E c' una cosa chiamata follia meravigliosa, perch l'ho vissuta. E so che c' una cosa chiamata amore perch ho amato. E so che c' una cosa chiamata estasi perch ho conosciuto l'estasi. E so anche - perch ho conosciuto gente che ne ha fatto l'esperienza - che c' una cosa chiamata rapimento. Oh, mi piace questa parola, "rapimento"! Cercate il rapimento! Mi rifiuto di morire fino a quando non avr imparato che cos'!
Perch uno si comporti cos, bisogna che faccia molte scelte. Una delle pi importanti "scegliere se stesso".
Scegliete voi stessi.
Finitela di odiarvi. Finitela di buttarvi gi . Abbracciatevi e dite: "Sai, va bene cos! Starai perdendo i capelli, ma sei tutto ci che ho!".
Quando vi riconciliate con le vostre debolezze, ce l'avete fatta! Non sono enormi, sono soltanto una piccola parte di voi.
Dovete scegliere voi stessi. Sono sicuro che coloro che si tolgono la vita, che non vivono, sono soprattutto coloro che non hanno rispetto per se stessi. Non so quando stata l'ultima volta che qualcuno ha detto questo, ma voglio sottolinearlo: Voi siete un miracolo.
Ma dovete decidere voi, per voi stessi. "Cosa significa per me la vita?" Sono convinto che se ogni giorno dedicassimo a pensare alla vita e a vivere e ad amare lo stesso tempo... no, un quarto del tempo che dedichiamo a preparare i pasti, saremmo incredibili!
Ma la vita ha un modo meraviglioso per risolvere questo problema. Per me sempre affascinante perch, quando la vita non viene vissuta, esplode in noi. E' come cercare di bloccare il coperchio di una pentola che bolle. Succeder qualcosa, ne sono convinto. Finirete per piombare nella paura, nella sofferenza, nella solitudine, nella paranoia o nell'apatia. Tutti segni del fatto che non state vivendo! Quindi, se avvertite uno di questi sintomi, rimboccatevi le maniche e dite: "Ora devo vivere". Nell'attimo in cui incominciate a lasciarvi coinvolgere nella vita, il vapore fuoriesce, e siete salvi. Non facile: ma la vita ci fa sapere che deve essere vissuta. Meraviglioso!
Perch c' la morte? Io non so perch c' la morte. Perch c' la sofferenza? Vorrei che non ci fosse, ma non so perch c'. Se passassi la vita a cercare le risposte a questi interrogativi, non vivrei mai.
Per a quelli che vengono da me dico che so qualcosa della vita. C' una cosa chiamata gioia, perch io l'ho provata. E c' una cosa chiamata follia meravigliosa, perch l'ho vissuta. E so che c' una cosa chiamata amore perch ho amato. E so che c' una cosa chiamata estasi perch ho conosciuto l'estasi. E so anche - perch ho conosciuto gente che ne ha fatto l'esperienza - che c' una cosa chiamata rapimento. Oh, mi piace questa parola, "rapimento"! Cercate il rapimento! Mi rifiuto di morire fino a quando non avr imparato che cos'!
Perch uno si comporti cos, bisogna che faccia molte scelte. Una delle pi importanti "scegliere se stesso".
Scegliete voi stessi.
Finitela di odiarvi. Finitela di buttarvi gi . Abbracciatevi e dite: "Sai, va bene cos! Starai perdendo i capelli, ma sei tutto ci che ho!".
Quando vi riconciliate con le vostre debolezze, ce l'avete fatta! Non sono enormi, sono soltanto una piccola parte di voi.
Dovete scegliere voi stessi. Sono sicuro che coloro che si tolgono la vita, che non vivono, sono soprattutto coloro che non hanno rispetto per se stessi. Non so quando stata l'ultima volta che qualcuno ha detto questo, ma voglio sottolinearlo: Voi siete un miracolo.
Lezione di farfalla
Kirk Kilgour, nazionale americano e Campione d'Italia con la squadra romana dell'Ariccia:
una brillante carriera spezzata da un tragico incidente che avvenne nel 1976.
Durante alcuni esercizi di riscaldamento cadde, provocandosi la lussazione di una vertebra cervicale con conseguente totale paralisi degli arti.
Ma lui non si è mai arreso: 26 anni su una sedia a rotelle, dimostrando forza, volontà e coraggio tali da fare invidia ad un campione in piena attività.
E come nello sport, in cui la sconfitta fa parte del gioco, egli ha vissuto la "sconfitta" dell'infortunio in positivo, traendone spunto e coraggio agonistico per lottare ancora e tornare a vincere.
Il 12 luglio 2002, dopo tanti anni di lotta, il suo cuore si è fermato ma in noi resta vivo il suo ricordo.
La Preghiera che ci ha lasciato rivela la straordinaria ricchezza interiore di un uomo che ha saputo sempre affrontare la vita con serenità e con autentico spirito sportivo.
La felicità aspetta:quelli che piangono quelli che soffrono quelli che cercano quelli che si sforzano.
perché solo queste persone possono apprezzare l’importanza di quelle cose che hanno lasciato un segno nella loro vita.
Vivi la vita senza paura,affronta tutti gli ostacoli e dimostra che puoi superarli
una brillante carriera spezzata da un tragico incidente che avvenne nel 1976.
Durante alcuni esercizi di riscaldamento cadde, provocandosi la lussazione di una vertebra cervicale con conseguente totale paralisi degli arti.
Ma lui non si è mai arreso: 26 anni su una sedia a rotelle, dimostrando forza, volontà e coraggio tali da fare invidia ad un campione in piena attività.
E come nello sport, in cui la sconfitta fa parte del gioco, egli ha vissuto la "sconfitta" dell'infortunio in positivo, traendone spunto e coraggio agonistico per lottare ancora e tornare a vincere.
Il 12 luglio 2002, dopo tanti anni di lotta, il suo cuore si è fermato ma in noi resta vivo il suo ricordo.
La Preghiera che ci ha lasciato rivela la straordinaria ricchezza interiore di un uomo che ha saputo sempre affrontare la vita con serenità e con autentico spirito sportivo.
La felicità aspetta:quelli che piangono quelli che soffrono quelli che cercano quelli che si sforzano.
perché solo queste persone possono apprezzare l’importanza di quelle cose che hanno lasciato un segno nella loro vita.
Vivi la vita senza paura,affronta tutti gli ostacoli e dimostra che puoi superarli
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